FRATELLI  TUTTI   ENCICLICA DI PAPA FRANCESCO     CAPITOLO TERZO                            PENSARE E GENERARE UN MONDO APERTO

87. COME SI REALIZZA UN ESSERE UMANO? Un essere umano è fatto in modo tale che non si realizza, non si sviluppa e non può trovare la propria pienezza «se non attraverso un dono sincero di sé». Questo spiega perché nessuno può sperimentare il valore della vita senza volti concreti da amare. Qui sta un segreto dell’autentica esistenza umana, perché «la vita sussiste dove c’è legame, comunione, fratellanza; ed è una vita più forte della morte quando è costruita su relazioni vere e legami di fedeltà. Al contrario, non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a sé stessi e di vivere come isole: in questi atteggiamenti prevale la morte».

88.SIAMO TUTTI CHIAMATI AD ANDARE…       IN E-STASI?    Dall’intimo di ogni cuore, l’amore crea legami e allarga l’esistenza quando fa uscire la persona da sé stessa verso l’altro. Siamo fatti per l’amore e c’è in ognuno di noi «una specie di legge di “ESTASI”: uscire da se stessi per trovare negli altri un accrescimento di essere». Perciò «in ogni caso l’uomo deve pure decidersi una volta ad uscire d’un balzo da se stesso».

89. NON BASTA STAR BENE IN FAMIGLIA E CON GLI AMICI?Non posso ridurre la mia vita alla relazione con un piccolo gruppo e nemmeno alla mia famiglia, La mia relazione con una persona che stimo non può ignorare che quella persona non vive solo per la sua relazione con me, né io vivo soltanto rapportandomi con lei. La nostra relazione, se è sana e autentica, CI APRE AGLI ALTRI che ci fanno crescere e ci arricchiscono. Il legame di coppia e di amicizia è orientato ad aprire il cuore attorno a sé, a renderci capaci di uscire da noi stessi fino ad accogliere tutti.  I gruppi chiusi e le coppie autoreferenziali, che si costituiscono come un “noi” contrapposto al mondo intero, di solito sono forme idealizzate di egoismo e di mera autoprotezione.

  1. 90. COSA POSSIAMO IMPARARE ANCHE .. MONACI.?   Non è un caso che molte piccole popolazioni sopravvissute in zone desertiche abbiano sviluppato una generosa capacità di accoglienza nei confronti dei pellegrini di passaggio, dando così un segno esemplare del sacro dovere dell’ospitalità.  Lo hanno vissuto anche le comunità monastiche medievali, come si riscontra nella Regola di San Benedetto. Benedetto esigeva che i poveri e i pellegrini fossero trattati «con tutto il riguardo e la premura possibili»Quelle persone riconoscevano che tutti i valori che potevano coltivare dovevano essere accompagnati da questa capacità di trascendersi in un’apertura agli altri.

91.92 ANCHE LE VIRTU’ CHE SENSO HANNO SENZA…AMORE?         Le persone possono sviluppare atteggiamenti che presentano come valori morali: fortezza, sobrietà, laboriosità e altre virtù.                   Ma per orientare adeguatamente gli atti delle varie virtù morali, bisogna considerare anche in quale misura essi realizzino un dinamismo di apertura e di unione verso altre persone. Tale dinamismo è la carità che Dio infonde. Altrimenti, avremo forse solo un’apparenza di virtù, incapaci di costruire la vita in comune. La statura spirituale di un’esistenza umana È DEFINITA DALL’AMORE, che in ultima analisi è «il criterio per la decisione definitiva sul valore o il disvalore di una vita umana».Ci sono credenti che pensano che la loro grandezza consista nell’imporre le proprie ideologie agli altri, o nella difesa violenta della verità, o in grandi dimostrazioni di forza. Noi credenti dobbiamo riconoscere questo: AL PRIMO POSTO C’È L’AMOREIL PERICOLO PIÙ GRANDE È NON AMARE (1 Cor13,1s)

93.94 L’ESSERE AMATO È PER ME “CARO”, CHE SIGNIFICA? Cercando di precisare in che cosa consista l’esperienza di amare, che Dio rende possibile con la sua grazia, S. Tommaso d’Aquino spiegava come un movimento che pone l’attenzione sull’altro «considerandolo come un’unica cosa con sé stesso».   Tutto ciò parte da una stima, da un apprezzamento, che in definitiva è quello che sta dietro la parolacarità”: L’ESSERE AMATO È PER ME “CARO”, vale a dire che lo considero di GRANDE VALORE   L’amore all’altro ci spinge a cercare il meglio per la sua vita. Solo coltivando questo modo di amare renderemo possibile l’amicizia sociale che non esclude nessuno e la fraternità aperta a tutti.

  1. 96. MA DAVVERO SIAMO TUTTI  FRATELLI?  L’amore ci fa tendere verso la comunione universale. Nessuno raggiunge la propria pienezza isolandosi. Per sua stessa dinamica, l’amore esige una progressiva apertura, maggiore capacità di accogliere gli altri, in un’avventura mai finita che fa convergere tutte le periferie verso un pieno senso di reciproca appartenenza. GESÙ CI HA DETTO: «VOI SIETE TUTTI FRATELLI» (Mt 23,8). Questo bisogno di andare oltre i propri limiti vale anche per le varie regioni e i vari Paesi. Di fatto, «il numero sempre crescente di interconnessioni e di comunicazioni che avviluppano il nostro pianeta rende più palpabile la consapevolezza dell’unità e della condivisione di un comune destino tra le Nazioni della terra. Nei dinamismi della storia, pur nella diversità delle culture, vediamo seminata così la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono, prendendosi cura gli uni degli altri».
  2. SOCIETÀ APERTE CHE INTEGRANO TUTTI? Ci sono periferie che si trovano vicino a noi, nel centro di una città, o nella propria famiglia. C’è anche un aspetto dell’apertura universale dell’amore che non è geografico ma esistenziale. È la capacità quotidiana di allargare la mia cerchia, di arrivare a quelli che spontaneamente non sento parte del mio mondo di interessi, benché siano vicino a me. D’altra parte, ogni fratello o sorella sofferente, abbandonato o ignorato dalla mia società è un FORESTIERO ESISTENZIALE, anche se è nato nello stesso Paese. Può essere un cittadino con tutte le carte in regola, però lo fanno sentire come uno straniero nella propria terra.  IL RAZZISMO È UN VIRUS che muta facilmente e invece di sparire si nasconde, ma è sempre in agguato.
  3. 98. CI SONO ANCHE …ESILIATI OCCULTI. CHI SONO? Tante persone con disabilità «sentono di esistere senza appartenere e senza partecipare».  L’obiettivo è non solo assisterli, ma la loro «partecipazione attiva alla comunità civile ed ecclesiale. È un cammino esigente, che contribuirà sempre più a formare coscienze capaci di riconoscere ognuno come persona unica e irripetibile». Ugualmente penso alle persone anziane «che, anche a motivo della disabilità, sono sentite a volte come un peso». Tuttavia, tutti possono dare «un singolare apporto al bene comune attraverso la propria originale biografia». Bisogna «avere il coraggio di dare voce a quanti sono discriminati…
  4. 100.AMICIZIA SOCIALE” : IN CHE CONSISTE? L’amore che si estende al di là delle frontiere ha come base ciò che chiamiamo “AMICIZIA SOCIALE” in ogni città e in ogni Paese. Quando è genuina, questa amicizia sociale all’interno di una società è condizione di possibilità di una vera apertura universale. Non si tratta del falso universalismo di chi ha bisogno di viaggiare continuamente perché non ama il proprio popolo.   Neppure sto proponendo un universalismo autoritario  dettato o pianificato da alcuni e presentato come un presunto ideale allo scopo di omogeneizzare, dominare e depredare. C’è un modello di globalizzazione che «mira consapevolmente a un’uniformità unidimensionale e cerca di eliminare tutte le differenze e le tradizioni in una superficiale ricerca di unità. […] Se una globalizzazione pretende di rendere tutti uguali, questa globalizzazione distrugge la peculiarità di ciascuna persona e di ciascun popolo». Questo falso sogno universalistico finisce per privare il mondo della varietà dei suoi colori, della sua bellezza e in definitiva della sua umanità. Perché «il futuro non è “monocromatico”,  è possibile guardarlo nella varietà e nella diversità degli apporti che ciascuno può dare. Quanto ha bisogno la nostra famiglia umana di imparare a vivere insieme in armonia e pace senza che dobbiamo essere tutti uguali!».
  5. 107. MA QUANTO VALE UNA PERSONA UMANA? C’è un riconoscimento basilare da compiere per camminare verso la fraternità universale: rendersi conto di quanto vale un essere umano, quanto vale una persona, sempre e in qualunque circostanza. Se ciascuno vale tanto, bisogna dire con chiarezza e fermezza che «il solo fatto di essere nati in un luogo con minori risorse o minor sviluppo non giustifica che alcune persone vivano con minore dignità».  Ogni essere umano ha diritto a vivere con dignità e a svilupparsi integralmente, e nessun Paese può negare tale diritto fondamentale. Ognuno lo possiede, anche se è poco efficiente, infatti ciò non sminuisce la sua IMMENSA DIGNITÀ COME PERSONA UMANA

108-113 INVESTIRE PER LE PERSONE FRAGILI: VALE LA PENA?   INVESTIRE A FAVORE delle persone fragili può non essere redditizio. Esige uno Stato presente e attivo.  Alcuni nascono in famiglie di buone condizioni economiche, ricevono una buona educazione, crescono ben nutriti, o possiedono naturalmente capacità notevoli. Essi sicuramente non avranno bisogno di uno Stato attivo e chiederanno solo libertà. Ma evidentemente non vale la stessa regola per una persona disabile, per chi è nato in una casa misera, per chi è cresciuto con un’educazione di bassa qualità e con scarse possibilità di curare come si deve le proprie malattie. Se la società si regge primariamente sui criteri della libertà di mercato e dell’efficienza, non c’è posto per costoro, e la fraternità sarà tutt’al più un’espressione romantica. Una società umana e fraterna è in grado di adoperarsi per assicurare in modo efficiente e stabile che tutti siano accompagnati nel percorso della loro vita, non solo per provvedere ai bisogni primari, ma perché POSSANO DARE IL MEGLIO DI SÉ, anche se il loro rendimento non sarà il migliore. C’è un’espressione latina simile: BENE-VOLENTIA, cioè l’atteggiamento di volere il bene dell’altro. È un forte desiderio del bene, un’inclinazione verso tutto ciò che è buono ed eccellente, che ci spinge a colmare la vita degli altri di cose belle, sublimi, edificanti. . Volgiamoci a promuovere il bene, per noi stessi e per tutta l’umanità, e così cammineremo insieme verso una crescita genuina e integrale. Ogni società ha bisogno di assicurare la trasmissione dei valori, perché se questo non succede si trasmettono l’egoismo, la violenza, la corruzione nelle sue varie forme, l’indifferenza e, in definitiva, una vita chiusa ad ogni trascendenza e trincerata negli interessi individuali.

  1. LA SOLIDARIETA’ E’ ANCORA UN VALORE? Desidero mettere in risalto la solidarietà, che «come virtù morale e atteggiamento sociale, frutto della conversione personale, esige un impegno da parte di una molteplicità di soggetti, che hanno responsabilità di carattere educativo e formativo. Il mio primo pensiero va alle famiglie, chiamate a una missione educativa primaria e imprescindibile. Esse costituiscono il primo luogo in cui si vivono e si trasmettono i valori dell’amore e della fraternità, dell’attenzione e della cura dell’altro. Esse sono anche l’ambito privilegiato per la trasmissione della fede, cominciando da quei primi semplici gesti di devozione che le madri insegnano ai figli. Per quanto riguarda gli educatori e i formatori che, nella scuola o nei diversi centri di aggregazione infantile e giovanile, hanno l’impegnativo compito di educare i bambini e i giovani, sono chiamati ad essere consapevoli che la loro responsabilità riguarda le dimensioni morale, spirituale e sociale della persona. I valori della libertà, del rispetto reciproco e della solidarietà possono essere trasmessi fin dalla più tenera età. Anche gli operatori culturali e dei mezzi di comunicazione sociale hanno responsabilità nel campo dell’educazione e della formazione, specialmente nelle società contemporanee, in cui l’accesso a strumenti di informazione è sempre più diffuso».

115.116. COME SI ESPRIME IN CONCRETO LA SOLIDARIETÀ?   La solidarietà si esprime concretamente nel servizio, che può assumere forme molto diverse nel modo di farsi carico degli altri. Il servizio è «in gran parte, avere cura della fragilità. Servire significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo». In questo impegno ognuno è capace di «mettere da parte le sue esigenze, aspettative, i suoi desideri di onnipotenza davanti allo sguardo concreto dei più fragili. […] IL SERVIZIO GUARDA SEMPRE IL VOLTO DEL FRATELLO, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello. Gli ultimi in generale «praticano quella solidarietà tanto speciale che esiste fra quanti soffrono, tra i poveri, e che la nostra civiltà sembra aver dimenticato, o quantomeno ha molta voglia di dimenticare. SOLIDARIETÀ È UNA PAROLA CHE NON SEMPRE PIACE; È pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro

117. ABBIAMO CURA IN CONCRETO PER LA CASA COMUNE? Quando parliamo di avere cura della casa comune che è il pianeta, ci appelliamo a quel minimo di preoccupazione per la cura reciproca che ancora può rimanere nelle persone. Infatti, se qualcuno possiede acqua in avanzo, e tuttavia la conserva pensando all’umanità, è perché ha raggiunto un livello morale che gli permette di andare oltre sé stesso. Ciò è meravigliosamente umano! Questo stesso atteggiamento è quello che si richiede per riconoscere i diritti di ogni essere umano, benché sia nato al di là delle proprie frontiere.

118.- 121.  E CHE DIRE DELLA PROPRIETA’ PRIVATA?   Il mondo esiste per tutti, perché tutti noi esseri umani nasciamo su questa terra con la stessa dignità. Le differenze di colore, religione, capacità, luogo di origine, luogo di residenza non si possono anteporre o utilizzare per giustificare i privilegi di alcuni a scapito dei diritti di tutti. Di conseguenza, come comunità siamo tenuti a garantire che ogni persona viva con dignità. Nei primi secoli della fede cristiana, diversi sapienti hanno sviluppato una  loro riflessione SULLA DESTINAZIONE COMUNE DEI BENI CREATI. Ciò conduceva a pensare che, se qualcuno non ha il necessario per vivere con dignità, è perché un altro se ne sta appropriando. Lo riassume SAN GIOVANNI CRISOSTOMO dicendo che «non dare ai poveri parte dei propri beni è rubare ai poveri, è privarli della loro stessa vita; e quanto possediamo non è nostro, ma loro». SAN GREGORIO MAGNO: «Quando distribuiamo agli indigenti qualunque cosa, non elargiamo roba nostra ma restituiamo loro ciò che ad essi appartiene».                                                        S. PAOLO VI.  Il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati, e ciò ha conseguenze molto concrete, che devono riflettersi sul funzionamento della società. Accade però frequentemente che i diritti secondari si pongono al di sopra di quelli prioritari e originari, privandoli di rilevanza pratica.

  1. 126 DIRITTI SENZA FRONTIERE ?. Nessuno dunque può rimanere escluso, a prescindere da dove sia nato, e tanto meno a causa dei privilegi che altri possiedono per esser nati in luoghi con maggiori opportunità. I confini e le frontiere degli Stati non possono impedire che questo si realizzi. Così come è inaccettabile che una persona abbia meno diritti per il fatto di essere donna, è altrettanto inaccettabile che il luogo di nascita o di residenza determini minori opportunità di vita degna e di sviluppo. …ALLORA possiamo dire che ogni Paese è anche dello straniero, in quanto i beni di un territorio non devono essere negati a una persona bisognosa che provenga da un altro luogo. Infatti, come hanno insegnato i Vescovi degli Stati Uniti, vi sono diritti fondamentali che «precedono qualunque società perché derivano dalla dignità conferita ad ogni persona in quanto creata da Dio». Ciò inoltre presuppone un altro modo di intendere le relazioni e l’interscambio tra i Paesi. Se ogni persona ha una dignità inalienabile, se ogni essere umano è mio fratello o mia sorella, e se veramente il mondo è di tutti, non importa se qualcuno è nato qui o se vive fuori dai confini del proprio Paese. Questo, che vale per le nazioni, si applica alle diverse regioni di ogni Paese, tra le quali si verificano spesso gravi sperequazioni. Ma l’incapacità di riconoscere l’uguale dignità umana a volte fa sì che le regioni più sviluppate di certi Paesi aspirino a liberarsi della “zavorra” delle regioni più povere per aumentare ancora di più il loro livello di consumo.

127 QUESTE SONO FANTASIE O LA VIA DI UNA PACE VERA.? Senza dubbio Se non ci si sforza di entrare in questa logica, le mie parole suoneranno come fantasie. Ma se si accetta il grande principio dei diritti che promanano dal SOLO FATTO DI POSSEDERE L’INALIENABILE DIGNITÀ UMANA, è possibile accettare la sfida di sognare e pensare AD UN’ALTRA UMANITÀ.              È possibile desiderare un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti. Questa è la vera via della pace, e non la strategia stolta e miope di seminare timore e diffidenza nei confronti di minacce esterne. Perché la pace reale e duratura è possibile solo «a partire da un’etica globale di solidarietà al servizio di un futuro modellato dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana».

CONSONANZE  ORIONINE    “La nostra vigilanza deve essere come la luce che penetra dappertutto ma che non pesa;  Non avvilite mai nessuno nelle correzioni e punizioni, ed evitate di correggere davanti agli altri …Mi è capitato di sentire parlare così: Eh, questi calabresi di qui!… eh questi calabresi di là… oppure: ‘sti romanacci!  e non si pensa alle indelicatezze, anzi alle sconvenienze di un tale linguaggio e all’atto poco educativo che si commette. Sono modi, non atti a far del bene e niente secondo la santa politica dei Santi; sono anzi alquanto contro l’urbanità, seppure non contrari alla carità di nostro Signore. In Piemonte siate piemontesi, a Roma romani, in Sicilia siciliani.  Negli anni che fui a Messina cercai subito di imparare il linguaggio e gli usi messinesi e a Messina io vestivo il robbone alla siciliana”. (Lett. I 24O.)

2 comments

  1. UN DELITTO PERFETTO (Josuè De Castro)

    Chiesi agli uomini: “Che cosa state portando avvolto in quella coperta, fratelli?”. Mi risposero: “Portiamo un corpo morto, fratello”.
    Chiesi: “E’ stato ucciso o è morto di morte naturale?”. ”
    “E’ una domanda difficile, fratello! Ha tutta l’aria di essere stato un assassinio”, mi risposero.
    “Com’è stato ucciso quest’uomo! Con un coltello o una pallottola, fratelli?”, chiesi. “Non è stato né un coltello né una pallottola. Si è trattato di un delitto perfetto, un delitto che non lascia tracce”.
    “Ma allora, come è stato ucciso quest’uomo?”, insistetti,
    ed essi mi risposero con calma:
    “Quest’uomo è stato ucciso dalla fame, FRATELLO”

  2. ….Il terzo Capitolo dell’ENCICLICA, ” SIAMO TUTTI FRATELLI” ci invita ad una revisione di vita fraterna molto profondamente cristiana. Gli interrogativi a cui siamo chiamati a rispondere sono di una straordinaria attualità. Sì, perchè in questi momenti nel nostro mondo serpeggia una forte corrente egoistica e individualistica. PAPA FRANCESCO ci esorta a fissare lo sguardo più in profondità, la troppa superficialità sciupa anche i veri rapporti. Spesso facciamo molta fatica a riconoscere in, colui che mangia alla stessa nostra mensa, l’immagine stessa di GESU’. Ecco perchè ci vengono chiesti tanti piccoli sforzi, attraverso i quali potremmo vedere cose meravigliose, appagano fortemente il cuore, permettono ai nostri sguardi di vedere un pezzetto di mondo migliore di quello attuale. GRAZIE per il lavoro minuzioso e speciale.

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