FRATELLI  TUTTI    –  ENCICLICA DI PAPA RANCESCO     sulla fraternità e l’amicizia sociale

CAPITOLO  SECONDO      UN ESTRANEO… SULLA STRADA

  • CHE COSA DEVO FARE PER EREDITARE LA VITA ETERNA?                  «Le Gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». (GS. 1) Nell’intento di cercare una luce in mezzo a ciò che stiamo vivendo, intendo dedicare un capitolo a una parabola narrata da Gesù 2000 anni fa. «In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?“. Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”. Gli. disse: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: E CHI È MIO PROSSIMO?“. Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, UN SACERDOTE scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre.      Anche UN LEVITA, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. INVECE UN SAMARITANO, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari, li diede all’albergatore, dicendo: `Abbi cura di lui. ciò che spenderai in più, te lo pagherà al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti? Quello rispose: “Chi ha avuto compassione di lui” Gesù gli disse:”Va’ e anche tu fa’ così“(Lc 10,25)
  • 57- 59 QUALE È LO SFONDO BIBLICO DI QUESTA PARABOLA?              Questa parabola raccoglie uno sfondo di secoli. Poco dopo la narrazione della creazione del mondo e dell’essere umano, la Bibbia presenta la sfida delle relazioni tra di noi. Caino elimina suo fratello Abele, e risuona la domanda di Dio: «Dov’è Abele, tuo fratello?» (Gen 4,9). La risposta è la stessa che spesso diamo noi: «Sono forse io il custode di mio fratello?» Con la sua domanda, Dio ci abilita a creare una cultura che ci orienti a superare le inimicizie e a prenderci cura gli uni degli altri. Il libro di Giobbe ricorre al fatto di avere un medesimo Creatore come base per sostenere alcuni diritti comuni: «Chi ha fatto me nel ventre materno, non ha fatto anche lui? Non, fu lo stesso a formarci nel grembo?» (31,15) . Nelle tradizioni ebraiche, l’imperativo di amare l’altro e prendersene cura sembrava limitarsi alle relazioni tra i membri di una medesima nazione. L’antico precetto «amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18) si intendeva riferito ai connazionali. Tuttavia, i confini si andarono ampliando. Comparve l’invito a non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te (Tb 4,15). Il saggio Hillel diceva al riguardo: «Questo è la Legge e i Profeti. Tutto il resto è commento». «La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente» (Sir 18,13).
  • E NEL NUOVO TESTAMENTO CHE SI DICE? IL precetto di Hillel trova espressione positiva: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12) Tale appello tende ad abbracciare tutti, per la loro condizione umana, perché il Padre celeste «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni» (Mt 5,45) E di conseguenza si esige: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36).
  • PER QUALE MOTIVO ALLARGARE IL CUORE A TUTTI? Una motivazione per allargare il cuore in modo che non escluda lo straniero, la si trova già nei testi più antichi della Bibbia. E dovuta al ricordo del popolo ebraico di aver vissuto come straniero in Egitto: «Non molesterai il forestiero né l’opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Es22,20). «Non opprimerai il forestiero: perché siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Es 23,9). «Quando un forestiero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato tra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Lv 1.9,33-34). «Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà per il forestiero, per l’orfano e la vedova. Ricordati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto» (Dt 24,21)
  • Risuona con forza l’appello all’amore fraterno: «Tutta la Legge trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Gal 5,14). «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (1 Gv 3,14). S. Paolo esortava i suoi discepoli ad avere carità tra di loro «e verso tutti» (1 Ts 3,12); Nella comunità di Giovanni si chiedeva che fossero accolti bene i «fratelli, benché stranieri» (3Gv 5).
  • MA CHI ERA L’ABBANDONATO?  GESÙ RACCONTA che c’era un uomo ferito, a terra lungo la strada, che era stato assalito. Passarono diverse persone accanto a lui ma se ne andarono, non si fermarono. Erano persone con funzioni importanti nella società, che non avevano nel cuore l’amore per il bene comune. Non sono state capaci di perdere alcuni minuti per assistere il ferito o almeno per cercare aiuto. Uno si è fermato, gli ha donato vicinanza, lo ha curato con le sue stesse mani, ha pagato di tasca propria e si è occupato di lui. Soprattutto gli ha dato una cosa su cui in questo mondo frettoloso lesiniamo tanto: GLI HA DATO IL PROPRIO TEMPO. Sicuramente egli aveva i suoi programmi per usare quella giornata secondo i suoi bisogni, impegni o desideri. Ma è stato capace di mettere tutto da parte davanti a quel ferito, e senza conoscerlo lo ha considerato degno di ricevere il dono del suo tempo.
  • 65. CON CHI TI IDENTIFICHI? Questa domanda è dura, diretta e decisiva. A quale di loro assomigli? Dobbiamo riconoscere la tentazione che ci circonda di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli. Diciamolo, siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate. Ci siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente. Aggrediscono una persona per la strada, e molti scappano come se non avessero visto nulla. Spesso ci sono persone che investono qualcuno con la loro automobile e fuggono. Pensano solo a non avere problemi, non importa se un essere umano muore per colpa loro. Inoltre, poiché tutti siamo molto concentrati sulle nostre necessità, vedere qualcuno che soffre ci dà fastidio, ci disturba, perché non vogliamo perdere tempo per colpa dei problemi altrui. Questi sono sintomi. di una società malata, perché mira a costruirsi voltando le spalle al dolore.
  • – 68 COSA CI INSEGNA QUESTA PARABOLA? Coi suoi gesti il buon samaritano ha mostrato che « l’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro». Questa parabola è un’icona capace di mettere in evidenza l’opzione di fondo che abbiamo bisogno di compiere per ricostruire questo mondo che ci dà pena. Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è essere come il buon samaritano. Ogni altra scelta conduce o dalla parte dei briganti oppure da quella dì coloro che passano accanto senza avere compassione del dolore dell’uomo ferito lungo la strada. La parabola ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che anno propria la fragilità degli altri, che si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune. Ci rivela una caratteristica essenziale dell’essere umano: siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge SOLO NELL’AMORE. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile; non possiamo lasciare che qualcuno rimanga. “ai margini della vita”. QUESTO CI DEVE INDIGNARE. QUESTO È DIGNITÀ.
  • UNA STORIA CHE SI RIPETE? Oggi, e sempre di più, ci sono persone ferite. L’inclusione o l’esclusione di chi soffre lungo la strada definisce tutti i progetti economici, politici, sociali e religiosi. Ogni giorno ci troviamo davanti alla scelta di essere BUONI SAMARITANI OPPURE VIANDANTI INDIFFERENTI CHE PASSANO A DISTANZA. E se estendiamo lo sguardo alla totalità della nostra storia e al mondo nel suo insieme, tutti siamo o siamo stati come questi personaggi: tutti abbiamo qualcosa dell’uomo ferito, qualcosa dei briganti, qualcosa di quelli che passano a distanza e qualcosa del buon samaritano.
  • COSA FA LA DIFFERENZA? Non c’è più distinzione tra abitante della Giudea e abitante della Samaria, non c’è sacerdote né commerciante; semplicemente ci sono DUE TIPI DI PERSONE: 
  • QUELLE CHE SI FANNO CARICO DEL DOLORE e quelle che passano a distanza;
  • QUELLE CHE SI CHINANO RICONOSCENDO L’UOMO CADUTO e quelle che distolgono lo sguardo e affrettano il passo.  In effetti, le nostre molteplici maschere, le nostre etichette e i nostri travestimenti cadono: È L’ORA DELLA VERITA. CI CHINEREMO PER TOCCARE E CURARE LE FERITE DEGLI ALTRI? Questa è la sfida attuale, di cui non dobbiamo avere paura.
  • 71 – 73 LA STORIA DEL BUON SAMARITANO SI RIPETE !?L’INCURANZA SOCIALE E POLITICA fa di molti luoghi dei mondo delle strade desolate, dove le dispute interne e internazionali lasciano tanti emarginati a terra sul bordo della strada.
  • CHI SONO I PERSONAGGI?  La parabola comincia con I BRIGANTI. Il punto di partenza che Gesù sceglie non dirige il nostro sguardo verso i briganti. Li conosciamo. La domanda potrebbe essere: lasceremo la persona ferita a terra per correre ciascuno a ripararsi dalla violenza o a inseguire i banditi?
  • 2. Poi la parabola ci fa fissare lo sguardo su QUELLI CHE PASSANO A DISTANZA. Ci sono tanti modi di passare a distanza, complementari tra loro. Uno è ripiegarsi su di sé, disinteressarsi. degli altri, essere indifferenti. Un altro sarebbe guardare solo al di fuori. Così si può giustificare l’indifferenza dì alcuni, perché quelli che potrebbero toccare il loro cuore con le loro richieste_ non esistono. Sono _fuori dal loro orizzonte di interessi.
  • In quelli che passano a distanza c’è un particolare: ERANO PERSONE RELIGIOSE. Un sacerdote e un levita. Questo indica che il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace. Una persona di fede può non. essere fedele a tutto ciò la fede stessa esige, e tuttavia può sentirsi vicina a Dio e ritenersi più degna degli altri. Ci sono invece dei modi di vivere la fede che favoriscono l’apertura del cuore ai fratelli, e quella sarà la garanzia di un’autentica apertura a Dio. S. GIOVANNI CRISOSTOMO giunse ad esprimere con grande chiarezza tale sfida che si presenta ai cristiani: «Volete onorare veramente il corpo di Cristo? .Non disprezzatelo quando è nudo. Non onoratelo nel tempio con paramenti di seta, mentre fuori lo lasciate a patire il freddo e la nudità». A volte, coloro che dicono di non credere possono vivere la volontà di Dio meglio dei credenti.
  •   A volte ci sentiamo come lui, gravemente feriti e a terra sul bordo della strada.. Ci sentiamo anche abbandonati dalle nostre istituzioni sguarnite e carenti, o rivolte al servizio degli interessi di pochi

78  SI PUO’ RICOMINCIARE… MA COME? Ogni giorno ci viene offerta una nuova opportunità. Non dobbiamo aspettare tutto da coloro che ci governano, sarebbe infantile.. Dobbiamo essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite. Oggi siamo di fronte alla grande occasione di esprimere il nostro essere fratelli, di essere altri buoni samaritani che prendono su di sé il dolore dei fallimenti, invece di fomentare odi e risentimenti. Alimentiamo ciò che è buono, mettiamoci al servizio del bene. È possibile cominciare dal basso e caso per caso. Cerchiamo gli altri senza temere il dolore o l’impotenza, perché lì c’è tutto il bene che Dio ha seminato nel cuore dell’essere umano. Le difficoltà che sembrano enormi. sono l’opportunità per crescere, e non la scusa per la tristezza inerte che favorisce la sottomissione. PERÒ NON FACCIAMOLO DA SOLI, individualmente. Il samaritano cercò un affittacamere che potesse prendersi cura di quell’uomo, come noi siamo chiamati a invitare e incontrarci in un “NOI” che sia più forte della somma di piccole individualità;

  • FARE IL BENE PER AVERE RICONOSCIMENTI?  Il samaritano se ne andò senza aspettare riconoscimenti o ringraziamenti. La dedizione al servizio era la grande soddisfazione davanti al suo Dio e alla sua vita, e per questo un dovere. Tutti abbiamo una responsabilità riguardo a quel ferito che è il popolo stesso e tutti i popoli della terra. Prendiamoci cura della fragilità di ogni uomo, di ogni donna, di ogni bambino e di ogni anziano, con uell’atteggiamento solidale e attento, di prossimità del buon samaritono.
  •  80-83. IL PROSSIMO SENZA FRONTIERE… SI PUÒ!? Gesù propose questa parabola per rispondere a una domanda: chi è il mio prossimo? La parola “prossimo” nella società dell’epoca di Gesù indicava di solito chi è più vicino, prossimo. Si intendeva che l’aiuto doveva rivolgersi anzitutto a chi appartiene al proprio gruppo, alla propria razza. Un samaritano, per alcuni giudei di allora, era considerato una persona spregevole, impura, e pertanto non era compreso tra i vicini ai quali si doveva dare aiuto. IL GIUDEO GESÙ ROVESCIA questa impostazione: non ci chiama a domandarci chi sono quelli vicini a noi, BENSÌ A FARCI NOI PROSSIMI. La proposta è quella di farsi presenti alla persona bisognosa di aiuto, senza guardare se fa parte della propria cerchia di appartenenza. IL SAMARITANO È STATO COLUI CHE SI È FATTO PROSSIMO DEL GIUDEO FERITO. Per rendersi vicino e presente; ha attraversato tutte le barriere culturali e storiche. La conclusione di Gesù è una richiesta: «VA’ E ANCHE TU FA’ COSÌ» (LC 10,37).Vale a dire, ci interpella perché mettiamo da parte ogni differenza e, davanti alla sofferenza, ci facciamo vicini a chiunque. DUNQUE, NON DICO PIÙ CHE HO DEI “PROSSIMI” DA AIUTARE, MA CHE MI SENTO CHIAMATO A DIVENTARE IO UN PROSSIMO DEGLI ALTRI. Gesù mette in risalto che l’uomo ferito era un giudeo – abitante della Giudea – mentre colui che si fermò e lo aiutò era un samaritano – abitante della Samaria -. Questo particolare ha una grandissima importanza per riflettere su UN AMORE CHE SI APRE A TUTTI. I samaritani abitavano una regione che era stata contaminata da riti pagani, e per i. giudei ciò li rendeva impuri, detestabili, pericolosi. Questo spiega perché una donna samaritana, quando Gesù le chiese da bere, rispose enfaticamente: «Come mai tu, che sei GIUDEO, chiedi da bere a me, che sono una donna SAMARITANA? (Gv 4,9). Pertanto, questo incontro misericordioso tra un samaritano e un giudeo è una potente provocazione, che smentisce ogni manipolazione ideologica, affinché allarghiamo la nostra cerchia, dando alla nostra capacità di amare una dimensione universale, in grado di superare i pregiudizi, tutte le barriere, tutti gli interessi meschini.

84-86 L’APPELLO DEL FORESTIERO: SAPPIAMO ASCOLTARLO? RICORDO CHE GESÙ DICE: «Ero straniero e mi avete accolto» (Mt 2535). Gesù poteva dire queste parole perché aveva un cuore aperto che faceva propri i drammi degli altri. SAN PAOLO ESORTAVA: «Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto» (Rm 12,15). Noi crediamo che Cristo ha versato il suo sangue per tutti e per ciascuno, e quindi nessuno resta fuori dal suo amore universale. La teologia continua ad arricchirsi grazie alla riflessione su questa grande verità.  A VOLTE MI RATTRISTA IL FATTO CHE, pur dotata di tali motivazioni, la Chiesa ha avuto bisogno di tanto tempo per condannare con forza la schiavitù e diverse forme di violenza. Oggi, con lo sviluppo della spiritualità e della teologia, non abbiamo scuse. Tuttavia., ci sono ancora coloro che ritengono di sentirsi incoraggiati o almeno autorizzati dalla loro fede a sostenere varie forme di nazionalismo chiuso e violento, disprezzo e maltrattamenti verso coloro che sono diversi. La fede, deve mantenere vivo un senso critico davanti a queste tendenze e aiutare a reagire rapidamente. Perciò è importante che la catechesi e la predicazione includano in snodo più chiaro il senso sociale dell’esistenza, la convinzione sull’inalienabile dignità di ogni persona e le motivazioni per AMARE E ACCOGLIERE TUTTI.

CONSONANZE  ORIONINE Per un cristiano, “tutto il mondo è patria” S. Paolo arrivò a scrivere che avrebbe amato di essere anatema, cioè scomunicato, pur di salvare le anime. Ed io vi dico, o figli miei: se siete a Venezia, e volete fare del bene, fatevi veneziani il più che potete, e fin dove si può, e ciò fate per la carità di Gesù Cristo. Vestite alla veneziana: parlate alla veneziana, attenetevi alle usanze buone veneziane. E vedrete che farete del bene, e molto bene. In Piemonte, siate piemontesi: a Roma, romani: in Sicilia, siciliani. E stiamo ben attenti che il regionalismo non ci impicciolisca…TUTTO IL MONDO È PATRIA pel figlio della Provvidenza che HA PER PATRIA IL CIELO... (L. 21)

 Note Personali      ——————————————————————————————————————————————–

Parliamone, se vuoi… donalesiani@gmail.com

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