“IL MONDO HA BISOGNO DI PADRI”    “PATRIS   CORDE”-  ANNO DI  S. GIUSEPPE: 8 DICEMBRE 2020 – 2021

  • UN ANNO DEDICATO A S. GIUSEPPE: PERCHÉ? Con cuore di padre: così Giuseppe ha amato Gesù, chiamato in tutti e quattro i Vangeli «il figlio di Giuseppe». I due Evangelisti che hanno posto in rilievo la sua figura, Matteo e Luca, raccontano poco, ma a sufficienza per far capire che tipo di padre egli fosse e la missione affidatagli dalla Provvidenza.
  • COSA SAPPIAMO DI LUI? + Sappiamo che era un umile falegname (cfr Mt 13,55), promesso sposo di Maria (cfr Mt 1,18; Lc 1,27);       
  • + un «uomo giusto» (Mt 1,19), sempre pronto a eseguire la volontà di Dio manifestata mediante ben quattro sogni (Mt 1,20;                                                              + Dopo un faticoso viaggio da Nazaret a Betlemme, vide nascere il Messia in una stalla, perché altrove «non c’era posto per loro» (Lc 2,7)                                          + Fu testimone dell’adorazione dei pastori (Lc 2,8-20) e dei Magi (Mt 2,1-12) che rappresentavano il popolo d’Israele e i popoli pagani                                                   + Ebbe il coraggio di assumere la paternità legale di Gesù, a cui impose il nome rivelato dall’Angelo: «Tu lo chiamerai Gesù:        egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21).                 
  • + Nel Tempio, insieme alla madre Giuseppe offrì il Bambino al Signore e ascoltò la profezia che Simeone fece nei confronti di Gesù e di Maria (Lc 2,22-35).   
  •    + Per difendere Gesù da Erode, soggiornò da straniero in Egitto (Mt 2,13-18). Ritornato in patria, visse nel nascondimento del piccolo villaggio di Nazaret da dove, si diceva, “non può mai venire qualcosa di buono” (Gv 7,52;)  lontano da Betlemme, sua città natale, e da Gerusalemme, dove sorgeva il Tempio. Quando, proprio durante un pellegrinaggio a Gerusalemme, smarrirono Gesù dodicenne, lui e Maria lo cercarono angosciati e lo ritrovarono nel Tempio mentre discuteva con i dottori della Legge (Lc 2,41-50).
  • IL MAGISTERO GLI HA DATO  O NO, GRANDE IMPORTANZA?                 DOPO MARIA, MADRE DI DIO, NESSUN SANTO occupa tanto spazio nel Magistero pontificio quanto Giuseppe, suo sposo.                                       
  • Beato Pio IX lo ha dichiarato «Patrono della Chiesa Cattolica»,                         Venerabile Pio XII lo ha presentato “Patrono dei lavoratori”                         Giovanni Paolo II come «Custode del Redentore».   Il popolo lo invoca come «Patrono della buona morte».
  • UN ANNO DEDICATO A LUI IN TEMPO …DI COVID: PERCHÉ?                   Vorrei che “la bocca esprimesse ciò che nel cuore sovrabbonda” per condividere con voi alcune riflessioni su questa figura, tanto vicina alla condizione umana di ciascuno di noi. Tale desiderio è cresciuto in questi mesi di pandemia, in cui sperimentiamo, che «le nostre vite sono sostenute da persone comuni che non compaiono nei titoli dei giornali ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermieri, badanti, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che NESSUNO SI SALVA DA SOLO. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano,  intercedono per il bene di tutti»  Tutti possono trovare in    GIUSEPPE L’UOMO CHE PASSA INOSSERVATO, l’uomo della presenza discreta e nascosta, un intercessore, e una guida nei momenti di difficoltà. San Giuseppe ci ricorda che coloro che stanno apparentemente nascosti o in seconda linea” hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza.          A tutti loro va una parola di gratitudine.
  • PADRE AMATO ... La grandezza di San Giuseppe consiste nel fatto che egli fu lo sposo di Maria e il padre di Gesù.      S. Paolo VI osserva che la sua paternità si è espressa «nell’aver fatto della sua vita un servizio al mistero dell’incarnazione e alla missione redentrice; nell’aver usato dell’autorità legale, che a lui spettava sulla sacra Famiglia, per farle totale dono di sé, della sua vita, del suo lavoro; nell’aver convertito la sua umana vocazione all’amore domestico nella sovrumana oblazione di sé, del suo cuore e di ogni capacità, nell’amore posto a servizio del Messia germinato nella sua casa».  S. Giuseppe è un padre che è stato sempre amato dal popolo cristiano, come dimostra il fatto che in tutto il mondo gli sono state dedicate numerose chiese; molti Istituti religiosi, e gruppi ecclesiali sono ispirati alla sua spiritualità e che in suo onore si svolgono da secoli varie rappresentazioni sacre. Tanti Santi e Sante furono suoi appassionati devoti, tra i quali Teresa d’Avila, che lo adottò come avvocato e intercessore.
  • ITE AD IOSEPH”: CHE SIGNIFICA E …PERCHÉ ?    La fiducia del popolo in San Giuseppe è riassunta nell’espressione Ite ad Ioseph”, che fa riferimento al tempo di carestia quando la gente chiedeva il pane al Faraone ed egli rispondeva: «Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà» (Gen 41,55). Si trattava di Giuseppe figlio di Giacobbe, che fu venduto dai fratelli (Gen 37,11) e che successivamente divenne vice-re dell’Egitto (Gen 41,41-44). Come discendente di Davide (Mt 1,16.20), dalla cui radice doveva germogliare Gesù secondo la promessa fatta a Davide dal profeta Natan (2 Sam 7), e come sposo di Maria di Nazaret, Giuseppe è la cerniera che unisce Antico e Nuovo Testamento.
  •  PADRE NELLA TENEREZZA: COME?                                                     + Giuseppe vide crescere Gesù  «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52). GLI ha insegnato a camminare, tenendolo per mano: era per lui come il padre che solleva un bimbo alla sua guancia, si chinava su di lui per dargli da mangiare” (Os 11,3-4).                                 
  • + Gesù ha visto la tenerezza di Dio in Giuseppe: «Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero con quelli che lo temono» (Sal 103,13).Giuseppe avrà sentito riecheggiare nella sinagoga, durante la preghiera dei Salmi, che Dio è buono verso tutti e «la sua tenerezza si espande su tutte le creature» (Sal 145,9).                                                                    + La storia della salvezza si compie attraverso le nostre debolezze. Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona di noi, mentre la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza. È questo che fa dire a San Paolo: «Affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina,  perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la forza si manifesta pienamente nella debolezza”» (2 Cor 12,7-9)                                                                 + È la tenerezza la maniera migliore per toccare ciò che è fragile in noi. Per questo è importante incontrare la Misericordia di Dio, specie nel Sacramento della Riconciliazione…Noi sappiamo che la Verità che viene da Dio non ci condanna, ma ci accoglie, ci abbraccia, ci sostiene, ci perdona. La Verità si presenta a noi come il Padre misericordioso della parabola (Lc 15,11-32): ci viene incontro,  fa festa per noi, con la motivazione che «questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»           
  • + Anche attraverso l’angustia di Giuseppe passa la volontà di Dio, Giuseppe ci insegna che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca.
  • 3- PADRE NELL’OBBEDIENZA: ANCHE QUANDO È ANGUSTIATO! Analogamente a ciò che Dio ha fatto con Maria, anche a Giuseppe ha rivelato i suoi disegni; Giuseppe è fortemente angustiato davanti all’incomprensibile gravidanza di Maria: non vuole «accusarla pubblicamente», ma decide di «ripudiarla in segreto» (Mt1,19). Nel primo sogno l’angelo lo aiuta a risolvere il suo grave dilemma:   «Non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti, il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ELLA darà alla luce un figlio E TU LO CHIAMERAI GESÙ: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,20-21). La sua risposta fu immediata: «Quando si destò dal sonno, FECE COME GLI AVEVA ORDINATO L’ANGELO» (Mt 1,24). Con l’obbedienza egli superò il suo dramma e salvò Maria.
  • NEL SECONDO SOGNO, L’ANGELO ORDINA A GIUSEPPE: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode vuole cercare il bambino per ucciderlo» (Mt2,13). Giuseppe non esitò ad obbedire, senza farsi domande sulle difficoltà cui sarebbe andato incontro: «Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode» (Mt 2,14) In Egitto Giuseppe, con fiducia attese il promesso avviso per ritornare nel suo Paese. Appena il messaggero divino,
  • IN UN TERZO SOGNO, gli ordina di alzarsi, di prendere con sé il bambino e sua madre e ritornare nella terra d’Israele , egli ancora una volta OBBEDISCE SENZA ESITARE:       «Si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele» (Mt 2,21).Ma «quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata NAZARET» (Mt 2,22-23).
  • L’EVANGELISTA LUCA: QUALI DETTAGLI STORICI PREZIOSI? L’evangelista Luca, riferisce che Giuseppe affrontò il lungo viaggio    da Nazaret a Betlemme, secondo la legge DELL’IMPERATORE CESARE AUGUSTO relativa al censimento, per farsi registrare nella sua città di origine. E proprio in questa circostanza nacque Gesù e FU ISCRITTO ALL’ANAGRAFE DELL’IMPERO
  • ANCHE GIUSEPPE HA DETTO IL SUO FIAT?   In ogni circostanza della sua vita, GIUSEPPE seppe pronunciare Il Suo “FIATcome MARIA nell’annunciazione e GESÙ nel Getsemani.
  • E COME HA SVOLTO IL SUO RUOLO DI PADRE?                                                – Giuseppe, insegnò a Gesù a essere sottomesso ai genitori (Lc 2,51), secondo il comandamento di Dio (Es 20,12).  – alla scuola di Giuseppe, Gesù imparò a fare la volontà del Padre. Tale volontà divenne suo cibo quotidiano (Gv 4,34).             Nel momento più difficile della sua vita, vissuto nel Getsemani, preferì fare la volontà del Padre e non la propria e si fece «obbediente fino alla morte di croce» (Fil 2,8).  Gesù «imparò l’obbedienza da ciò che patì» (Eb. 5,8).
  • PADRE NELL’ACCOGLIENZA... Giuseppe accoglie Maria senza mettere condizioni preventive. Si fida delle parole dell’Angelo; Oggi, in questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è evidente, Giuseppe si presenta come figura di UOMO RISPETTOSO, DELICATO che, si decide per la reputazione, la dignità e la vita di Maria.  La via che Giuseppe ci mostra non è una via che spiega, ma una via che accoglie. Solo il Signore può darci la forza di accogliere la vita così com’è, di fare spazio anche a quella parte inaspettata, deludente dell’esistenza.
  • SAPPIAMO RICONCILIARCI CON IL NOSTRO PASSATO? La venuta di Gesù in mezzo a noi è un dono del Padre, affinché ciascuno si riconcili con la carne della propria storia anche quando non la comprende fino in fondo. Come Dio ha detto al nostro Santo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere» (Mt 1,20), sembra ripetere anche a noi: “Non abbiate paura!”. Occorre deporre la rabbia e la delusione e fare spazio a ciò che non abbiamo scelto eppure esiste.  La vita di ciascuno di noi può ripartire se troviamo il coraggio di viverla secondo ciò che ci indica il Vangelo.                     Dio può far germogliare fiori tra le rocce. Anche se il nostro cuore ci rimprovera qualcosa, EGLI «È PIÙ GRANDE DEL NOSTRO CUORE E CONOSCE OGNI COSA» (1Gv 3,20). È questo che fa dire all’apostolo Paolo: «Noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio» (Rm 8,28). E Sant’Agostino aggiunge: «ANCHE QUELLO CHE VIENE CHIAMATO MALE)». In questa prospettiva totale, LA FEDE DÀ SIGNIFICATO AD OGNI EVENTO LIETO O TRISTE.
  • L’ACCOGLIENZA DI GIUSEPPE : COSA CI INSEGNA? L’accoglienza di Giuseppe ci invita ad accogliere gli altri, senza esclusione, così come sono, riservando una predilezione ai deboli, perché Dio sceglie ciò che è debole (1 Cor 1,27), è «padre degli orfani e difensore delle vedove» (Sal 68,6) e comanda di amare lo straniero. Voglio immaginare che dagli atteggiamenti di Giuseppe Gesù abbia preso lo spunto per la parabola del figlio prodigo e del padre misericordioso (Lc 15,11-32).
  • S. GIUSEPPE  PADRE DAL CORAGGIO CREATIVO!?              Se la prima tappa di ogni vera guarigione interiore è accogliere la propria storia, serve aggiungere un’altra caratteristica importante:  IL CORAGGIO CREATIVO. Esso emerge quando si incontrano difficoltà. Sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere. Leggendo i “Vangeli dell’infanzia”, ci viene da domandarci perché Dio non sia intervenuto in maniera diretta e chiara. Ma Dio interviene per mezzo di eventi e persone. GIUSEPPE è l’uomo mediante il quale DIO SI PRENDE CURA degli inizi della storia della redenzione. EGLI È IL VERO “MIRACOLO” con cui DIO SALVA IL BAMBINO E SUA MADRE. Il Cielo interviene fidandosi del coraggio creativo di quest’uomo, che giungendo a Betlemme e non trovando un alloggio dove Maria possa partorire, sistema una stalla e la riassetta, affinché diventi quanto più possibile un luogo accogliente per il Figlio di Dio che viene nel mondo (Lc 2,6-7). Davanti all’incombente pericolo di Erode, che vuole uccidere il Bambino, Giuseppe viene allertato per difendere il Bambino, e nel cuore della notte ORGANIZZA LA FUGA IN EGITTO (Mt 2,13).
  • TRASFORMARE UN PROBLEMA IN...OPPORTUNITÀ? A una lettura superficiale di questi racconti, si ha l’impressione che il mondo sia in balia dei forti e dei potenti, ma la “buona notizia” del Vangelo sta nel far vedere come, nonostante la prepotenza e la violenza dei dominatori terreni, DIO TROVI SEMPRE IL MODO PER REALIZZARE IL SUO PIANO DI SALVEZZA. Anche la nostra vita a volte sembra in balia dei poteri forti, ma il Vangelo ci dice che ciò che conta, Dio riesce sempre a salvarlo, a condizione che usiamo lo stesso coraggio creativo del carpentiere di Nazaret, il quale sa trasformare un problema in un’opportunità anteponendo sempre la fiducia nella Provvidenza. Se certe volte Dio sembra non aiutarci, ciò non significa che ci abbia abbandonati, ma che si fida di noi, di quello che possiamo progettare, inventare, trovare.Si tratta dello stesso coraggio creativo dimostrato dagli amici del paralitico che, per presentarlo a Gesù, lo calarono giù dal tetto (Lc 5,17-26) La difficoltà non fermò l’audacia di quegli amici. Gesù riconosce la fede creativa con cui quegli uomini cercano di portargli il loro amico malato.
  • GIUSEPPE CON LA S. FAMIGLIA: COME I MIGRANTI DI OGGI                Il Vangelo non dà informazioni riguardo al tempo in cui Maria e Giuseppe e il Bambino rimasero in Egitto. Certamente però avranno dovuto mangiare, trovare una casa, un lavoro. La santa Famiglia dovette affrontare problemi concreti come molti nostri fratelli migranti che ancora oggi rischiano la vita costretti dalle sventure e dalla fame,   Credo che San Giuseppe sia davvero uno speciale patrono per tutti coloro che devono lasciare la loro terra a causa delle guerre, dell’odio, e della miseria. Alla fine di ogni vicenda che vede Giuseppe protagonista, il Vangelo nota che EGLI SI ALZA, prende con sé il Bambino e sua madre, e fa ciò che Dio gli ha ordinato (Mt 1,24; 2,14.21). Dobbiamo sempre domandarci se stiamo proteggendo con tutte le nostre forze Gesù e Maria, che misteriosamente sono affidati alla nostra responsabilità, alla nostra cura, alla nostra custodia. Questo Bambino è Colui che dirà: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Così ogni bisognoso, ogni povero, ogni sofferente,  ogni forestiero, ogni carcerato, ogni malato sono “il Bambino” che Giuseppe continua a custodire. Ecco perché San Giuseppe è invocato come protettore dei miseri, degli esuli, degli afflitti, dei poveri, dei moribond
  • PADRE LAVORATORE …PATRONO DEI LAVORATORI !?                               San Giuseppe era un carpentiere che ha lavorato per garantire il sostentamento della sua famiglia. Da lui Gesù ha imparato il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa MANGIARE IL PANE FRUTTO DEL PROPRIO LAVORO.
  • – E QUANDO MANCA IL LAVORO? In questo nostro tempo, nel quale il lavoro sembra essere tornato a rappresentare un’urgente questione sociale e la disoccupazione raggiunge talora livelli impressionanti, è necessario, con rinnovata consapevolezza, comprendere il significato del lavoro che dà dignità e di cui il nostro Santo è esemplare patrono. Il lavoro diventa partecipazione all’opera stessa della salvezza, occasione per affrettare l’avvento del Regno, sviluppare le proprie potenzialità e qualità, mettendole al servizio della società; il lavoro diventa occasione di realizzazione non solo per sé stessi, ma soprattutto per quel nucleo originario della società che è la famiglia.
  • UNA FAMIGLIA DOVE MANCASSE IL LAVORO è maggiormente esposta a difficoltà, tensioni, fratture … Come potremmo parlare della dignità umana senza impegnarci perché tutti e ciascuno abbiano la possibilità di un degno sostentamento? La persona che lavora, collabora con Dio stesso, diventa un po’ creatore del mondo che ci circonda. La crisi del nostro tempo, crisi economica, sociale,culturale e spirituale, può rappresentare per tutti un appello a riscoprire il valore, l’importanza e la necessità del lavoro per dare origine a una nuova “normalità”, in cui nessuno sia escluso. IL LAVORO DI SAN GIUSEPPE ci ricorda che DIO STESSO FATTO UOMO non ha disdegnato di lavorare. la perdita del lavoro che colpisce tanti fratelli e sorelle, e che è aumentata negli ultimi tempi a causa della pandemia di covid-19, dev’essere UN RICHIAMO A RIVEDERE LE NOSTRE PRIORITÀ. Imploriamo San Giuseppe lavoratore perché possiamo trovare strade che ci impegnino a dire: NESSUN GIOVANE, NESSUNA PERSONA, NESSUNA FAMIGLIA SENZA LAVORO!
  • PADRE NELL’OMBRA  Lo scrittore polacco Jan Dobraczyński, nel suo libro L’ombra del Padre, ha narrato in forma di romanzo la vita di San Giuseppe.  Con la suggestiva immagine dell’ombra definisce la figura di Giuseppe, che nei confronti di Gesù è l’ombra sulla terra del Padre Celeste: lo custodisce, lo protegge, non si stacca mai da Lui per seguire i suoi passi. Mosè ricorda a Israele: «Nel deserto hai visto come il Signore, tuo Dio, ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino» (Dt 1,31). Così Giuseppe ha esercitato la paternità per tutta la sua vita.                  PADRI SI NASCE O …SI DIVENTA?  COME?     Padri non si nasce, lo si diventa. E non solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui. TUTTE LE VOLTE CHE QUALCUNO SI ASSUME LA RESPONSABILITÀ DELLA VITA DI UN ALTRO, IN UN CERTO SENSO ESERCITA LA PATERNITÀ NEI SUOI CONFRONTI.               Nella società del nostro tempo, spesso i figli sembrano essere ORFANI DI PADRE. ANCHE LA CHIESA DI OGGI HA BISOGNO DI PADRI. È sempre attuale l’ammonizione rivolta da San Paolo ai Corinzi: «Potreste avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri» (1 Cor 4,15); e ogni sacerdote o vescovo dovrebbe poter aggiungere come l’Apostolo: «SONO IO CHE VI HO GENERATO IN CRISTO GESÙ MEDIANTE IL VANGELO» (ibid.).                       E ai Galati dice: «FIGLI MIEI, che io di nuovo partorisco nel dolore FINCHÉ CRISTO NON SIA FORMATO IN VOI!» (4,19).
  • ESSERE PADRI… COSA SIGNIFICA?  INTRODURRE IL FIGLIO ALL’ESPERIENZA DELLA VITA, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. Forse per questo, accanto all’appellativo di padre, a Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di “castissimo”…sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui. La logica dell’amore è una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo sé stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita MARIA E GESÙ.
  • La felicità di Giuseppe non è nella logica del sacrificio di sé, ma del dono di sé. Il suo persistente silenzio non contempla lamentele ma sempre gesti concreti di fiducia. Il mondo ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, cioè chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto; rifiuta coloro che confondono autorità con autoritarismo, servizio con servilismo, confronto con oppressione, carità con assistenzialismo. Ogni vera vocazione nasce dal dono di sé
  • ANCHE NEL SACERDOZIO E NELLA VITA CONSACRATA viene chiesto questo tipo di maturità.Lì dove una vocazione, matrimoniale, celibataria o verginale, non giunge alla maturazione del dono di sé fermandosi solo alla logica del sacrificio, allora invece di farsi segno della bellezza e della gioia dell’amore rischia di esprimere infelicità, tristezza e frustrazione. Ogni figlio porta sempre con sé un mistero, un inedito che può essere rivelato solo con l’aiuto di un padre che rispetta la sua libertà. Un padre consapevole di vivere pienamente la paternità solo quando si è reso “INUTILE”, quando vede che il figlio diventa autonomo e cammina da solo sui sentieri della vita, quando si pone nella situazione di Giuseppe, il quale ha sempre saputo che QUEL BAMBINO NON ERA SUO, MA ERA STATO SEMPLICEMENTE AFFIDATO ALLE SUE CURE.                                                                       
  •   * QUALE E’ LO SCOPO DI QUESTA LETTERA?   . Lo scopo di questa Lettera Apostolica è quello di accrescere l’amore verso questo grande Santo, per essere spinti a implorare la sua intercessione e per imitare le sue virtù. La missione dei Santi è non solo quella di concedere miracoli e grazie, ma di intercedere per noi davanti a Dio, come fecero Abramo e Mosè, come fa Gesù, « che presso Dio Padre è il nostro «avvocato»  «sempre vivo per intercedere in nostro favore» (Eb 7,25). Gesù ha detto: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29), ed essi sono esempi di vita da imitare. Davanti all’esempio di tanti Santi e di tante Sante,  S.Agostino si chiese: «Ciò che questi e queste hanno potuto fare, tu non lo potrai?». Così approdò alla conversione definitiva esclamando:  «Tardi ti ho amato, o Bellezza tanto antica e tanto nuova!». Non resta che implorare da S.Giuseppe la grazia delle grazie: la nostra conversione

….A LUI RIVOLGIAMO LA NOSTRA PREGHIERA:                         

  Salve, custode del Redentore, e sposo della Vergine Maria.
A te Dio affidò il suo Figlio; in te Maria ripose la sua fiducia;
O Beato Giuseppe, mostrati padre anche per noi, e guidaci nel cammino della vita. Ottienici grazia, misericordia e coraggio,
e difendici da ogni male.  Amen.

CONSONANZE ORIONINE

PAPA FRANCESCO:                  1. *La santa Famiglia dovette affrontare problemi concreti come molti nostri fratelli migranti che ancora oggi rischiano la vita costretti dalle sventure e dalla fame,  Credo che San Giuseppe sia davvero uno speciale patrono per tutti coloro che devono lasciare la loro terra a causa delle guerre, dell’odio, e della miseria.

++++++++++

2. S. GIUSEPPE   Padre dal coraggio CREATIVO             Leggendo i “Vangeli dell’infanzia”, GIUSEPPE  è l’uomo mediante il quale DIO si prende cura degli inizi della storia della redenzione. Egli è il vero “MIRACOLO” con cui DIO salva il bambino e sua madre. Il Cielo interviene fidandosi del coraggio creativo di quest’uomo, che a Betlemme non trovando un alloggio dove Maria possa partorire, sistema una stalla e la riassetta, affinché diventi quanto più possibile un luogo accogliente per il Figlio di Dio che viene nel mondo  (Lc 2,6-7).

DON ORIONE

Mg Arcivescovo mi ha dato una parrocchia al Braz che è il quartiere più popolato dai nostri emigrati: apriremo scuole: apriremo un vero segretariato e ufficio di lavoro, e una casa operaia italiana, vi sarà attigua e annessa una chiesa, ma una bella chiesa, di stile italiano, Poveri emigrati! poveri nostri fratelli italiani! che sono a S. Paolo, tra padri e figli, sono più di 300.000, mila. tutto sangue italiano! Quante lagrime si asciugheranno! Ora vostra eccellenza rev.ma mi lasci qui, a fare il missionario tra i nostri. (scr. 45,176)

 “…A meglio riuscire a salvare anime, bisogna pur saper adottare certi metodi, e non fossilizzarci nelle forme, se le forme non piacciono più, se diventano antiquate… Anche quelle usanze, che possano sembrare un po’ laiche, rispettiamole,  adottiamole, senza piccolezze di testa; SALVARE LA SOSTANZA BISOGNA!  I tempi corrono velocemente e sono alquanto cambiati, e noi, in tutto che non tocca la dottrina, la vita cristiana e della Chiesa, dobbiamo camminare alla testa dei tempi e dei popoli, e non alla coda,   e non farci trascinare . Per poter portare i popoli e la gioventù alla Chiesa e a Cristo bisogna camminare alla testa. Allora TOGLIEREMO L’ABISSO che si va facendo tra il popolo e Dio, tra il popolo e la chiesa.

 Parli@mone tra noi?!… risonanze personali…                                                          ——————————————————————————————————————————————————————————————————-

donalesiani@gmail.com   – www. donvincenzoalesiani.it

One comment

  1. Che indicibile RICCHEZZA!!!!!!
    Quanto poco conosciuti i VERI TRATTI di Giuseppe qui trascritti!!!
    C’è da “ruminarli” tratto dopo tratto… per un mese intero, anzi per tutta la vita…
    GRAZIE…!!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *