A M Ò  F I N O  A L L A  F I N E…                                                                        TESTAMENTO  DI PAOLO VI

  • Tempus resolutionis meae instat. E’ giunto il tempo di sciogliere le vele (2 Tim. 4,6). Vedo che la considerazione prevalente si fa estremamente personale: IO, CHI SONO? CHE COSA RESTA DI ME? DOVE VADO? E perciò estremamente morale:
  • COSA DEVO FARE? Quali sono le mie responsabilità?  Ciò deve svolgersi a dialogo con la Realtà divina, donde vengo e dove certamente vado; L’ORA VIENE. Da qualche tempo ne ho il presentimento. Più ancora che la stanchezza fisica, pronta a cedere ad ogni momento, il dramma delle mie responsabilità sembra suggerire come soluzione provvidenziale il mio esodo da questo mondo. Camminate finché avete la luce (Jo. 12,35). Ecco: mi piacerebbe, terminando, d’essere nella luce. Quella delle memorie, così belle, così attraenti, così nostalgiche, e così chiare ormai per denunciare il loro passaggio irrecuperabile e per irridere al loro disperato richiamo. Vi è quella di oscuri e ormai inefficaci rimorsi. Vi è quella della saggezza che finalmente intravede là vanità delle cose e il valore delle virtù che dovevano caratterizzare il corso della vita. Ma, in ogni snodo, sembra che il congedo debba esprimersi in un grande e semplice atto di riconoscenza, anzi di gratitudine: questa vita mortale è, nonostante i  suoi travagli, i suoi oscuri misteri, le sue sofferenze, la sua fatale caducità, un fatto bellissimo, un prodigio sempre originale e commovente, un avvenimento degno d’essere cantato in gaudio e in gloria: la vita, la vita dell’uomo. Né meno degno d’esaltazione e di felice stupore è il quadro che circonda la vita dell’uomo:
  • questo mondo immenso, misterioso, magnifico, questo universo dalle mille forze, dalle mille leggi, dalle mille bellezze, dalle mille profondità. è un panorama, incantevole. Perché non ho studiato abbastanza esplorato, ammirato la stanza nella quale la vita si svolge? Quale imperdonabile distrazione, quale riprovevole superficialità! Tuttavia, almeno in extremis, si deve riconoscere che quel mondo, «qui per Ipsum factus est», che è stato fatto per mezzo di Lui, è stupendo. Ti saluto e ti celebro all’ultimo istante, sì, con immensa ammirazione; tutto è dono: dietro la vita, dietro la natura, l’universo, sta la Sapienza, sta l’Amore! Grazie, o Dio, grazie e gloria a Te, o Padre!  Alla gratitudine succede il pentimento. Al grido di gloria verso Dio Creatore e Padre succede il grido che invoca misericordia e perdono. Che almeno questo io sappia fare: invocare la Tua bontà e confessare con la mia colpa la Tua infinita capacità di salvare. Qui affiora alla memoria la povera storia della mia vita intessuta, per un verso, dall’ordito di singolari e innumerevoli benefici, e, per l’altro attraversata da una trama di misere azioni, che si preferirebbe non ricordare, tanto sono manchevoli, imperfette, sbagliate, insipienti, ridicole.
  • Povera vita stentata, gretta, meschina, tanto, tanto bisognosa di pazienza, di riparazione, d’infinita Sempre mi pare suprema la sintesi di S. Agostino: miseria e misericordia. Miseria mia, misericordia di Dio. Poi io penso, qui davanti alla morte, maestra della filosofia della vita, che l’avvenimento fra tutti più grande fu per me l’incontro con Cristo la Vita. …E poi ancora mi domando perché hai chiamato me perché mi hai scelto? così inetto, così renitente, così povero di mente e di cuore? Lo so: «Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio» (Cor. 1, 27-28).
  • «AMEN, FIAT: TU SCIS QUIA AMO Te», così sia, così sia. Tu lo sai che ti voglio bene. Prego pertanto il Signore che mi dia grazia di fare della mia prossima morte dono d’amore alla Chiesa. Potrei dire che sempre l’ho amata; Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse e che io avessi la forza di dirglielo, come una confidenza del cuore, che solo all’estremo momento della vita si ha il coraggio di fare. Vorrei finalmente comprenderla tutta nella sua storia, nel suo disegno divino, nel suo destino finale, nella sua complessa, totale e unitaria composizione nella sua umana e imperfetta consistenza, nelle sue sciagure nelle sue sofferenze, nelle debolezze e nelle miserie di tanti suoi figli, nei suoi aspetti meno simpatici, e nel suo sforzo perenne di fedeltà, di amore, di perfezione e di carità, Corpo mistico di Cristo.
  • Vorrei abbracciarla, salutarla, amarla, in ogni essere che la compone, in ogni Vescovo e sacerdote che l’assiste e la guida, in ogni anima che la vive e la illustra; benedirla. Anche Perché non la lascio non esco da lei, ma più e meglio con essa mi ‘unisco e mi confondo: la morte è un progresso nella comunione dei Santi.
  • O uomini, comprendetemi; tutti vi amo nell’effusione dello Spirito Santo, ch’io, ministro, dovevo a voi partecipare. Così vi guardo, così vi saluto, così vi benedico. Tutti. E voi, a me più vicini, più cordialmente. La pace sia con voi. E alla Chiesa, cui tutto devo e che fu mia, che dirò? Le benedizioni di Dio siano sopra di te; abbi coscienza della tua natura e della tua missione: abbi il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità, e cammina povera, cioè libera, forte ed amorosa verso Cristo. Amen. II Signore viene. AmenPaolo VI 
  • RISONANZE SPIRITUALI...CHE GRANDE PAPA…IL PAPA DELLA MIA GIOVINEZZA SACERDOTALE… GRAZIE, SIGNORE PER AVERCELO DATO IN MOMENTI TANTO DELICATI PER LA  CHIESA…

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