FRATELLI TUTTI  ENCICLICA DI PAPA FRANCESCO   sulla fraternità e l’amicizia sociale
CAPITOLO SESTO – DIALOGO E AMICIZIA SOCIALE
• 198. DIALOGARE: PERCHÉ È COSÌ IMPORTANTE? Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si riassume nel verbo “DIALOGARE”. Per incontrarci e aiutarci a vicenda abbiamo bisogno di dialogare. Mi basta pensare che cosa sarebbe il mondo senza il dialogo paziente di tante persone generose che hanno tenuto unite famiglie e comunità. Il dialogo perseverante e coraggioso non fa notizia come i conflitti, eppure aiuta il mondo a vivere meglio, molto più di quanto possiamo rendercene conto.
• 199. QUANDO CRESCE UN PAESE? «Tra l’indifferenza egoista e la protesta violenta c’è un’opzione sempre possibile: il dialogo. – Il dialogo tra le generazioni, il dialogo nel popolo, la capacità di dare e ricevere, rimanendo aperti alla verità. UN PAESE CRESCE QUANDO dialogano in modo costruttivo le sue diverse ricchezze culturali: la cultura popolare, la cultura universitaria, la cultura giovanile, la cultura artistica e la cultura tecnologica, la cultura economica e la cultura della famiglia, e la cultura dei media».
• 200ss CERTI DIALOGHI IN REALTÀ SONO…MONOLOGHI? Spesso si confonde il dialogo con qualcosa di molto diverso: un febbrile scambio di opinioni nelle reti sociali, molte volte orientato da un’informazione mediatica non sempre affidabile. Sono solo monologhi che procedono paralleli, forse imponendosi all’attenzione degli altri per i loro toni alti e aggressivi. Ma i monologhi non impegnano nessuno, a tal punto che i loro contenuti non di rado sono opportunistici e contraddittori.
• La risonante diffusione di fatti e richiami nei media, in realtà chiude spesso le possibilità del dialogo, perché permette che ciascuno, con la scusa degli errori altrui, mantenga intatti e senza sfumature le idee, gli interessi e le scelte propri. Predomina l’abitudine di screditare rapidamente l’avversario, attribuendogli epiteti umilianti, invece di affrontare un dialogo aperto e rispettoso, in cui si cerchi di raggiungere una sintesi che vada oltre. Il peggio è che questo linguaggio, consueto nel contesto mediatico di una campagna politica, si è talmente generalizzato che lo usano quotidianamente tutti. Il dibattito molte volte è manipolato da determinati interessi che hanno maggior potere e cercano in maniera disonesta di piegare l’opinione pubblica a loro favore. Non mi riferisco soltanto al governo di turno, perché tale potere manipolatore può essere economico, politico, mediatico, religioso o di qualsiasi genere. A volte lo si giustifica quando la sua dinamica corrisponde ai propri interessi economici
• 202. 203. CHI SARANNO GLI …EROI DEL FUTURO? La mancanza di dialogo comporta che nessuno, nei singoli settori, si preoccupa del bene comune, bensì di ottenere i vantaggi che il potere procura, o, nel migliore dei casi, di imporre il proprio modo di pensare. Così i colloqui si ridurranno a mere trattative affinché ciascuno possa accaparrarsi tutto il potere e i maggiori vantaggi possibili, senza una ricerca congiunta che generi BENE COMUNE. GLI EROI DEL FUTURO saranno coloro che decideranno di sostenere con rispetto una parola carica di verità, al di là degli interessi personali. Dio voglia che questi eroi stiano silenziosamente venendo alla luce nel cuore della nostra società.
• QUANDO C’È VERO DIALOGO CHE COSTRUISCE ? L’autentico dialogo sociale presuppone la capacità di rispettare il punto di vista dell’altro, accettando la possibilità che contenga delle convinzioni o degli interessi legittimi. A partire dalla sua identità, l’altro ha qualcosa da dare ed è auspicabile che esponga la sua posizione perché il dibattito pubblico sia ancora più completo. È vero che quando una persona o un gruppo è coerente con quello che pensa, aderisce saldamente a valori e convinzioni, e sviluppa un pensiero, ciò in un modo o nell’altro andrà a beneficio della società. Ma questo avviene effettivamente solo nella misura in cui tale sviluppo si realizza nel dialogo e nell’apertura agli altri. Infatti, «in un vero spirito di dialogo si alimenta la capacità di comprendere il significato di ciò che l’altro dice e fa, pur non potendo assumerlo come una propria convinzione. Così diventa possibile essere sinceri, non dissimulare ciò in cui crediamo, senza smettere di dialogare, di cercare punti di contatto, e di lavorare e impegnarsi insieme». La discussione pubblica, se veramente dà spazio a tutti è uno stimolo costante che permette di raggiungere più adeguatamente la verità. Pensiamo che «le differenze sono creative, creano tensione e nella risoluzione di una tensione consiste il progresso dell’umanità».
• 205. I MEDIA POSSONO AIUTARCI: IN CHE SENSO? In questo mondo globalizzato «I MEDIA possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri; a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana che spinge alla solidarietà e all’impegno serio per una vita più dignitosa. Possono aiutarci particolarmente oggi, quando le reti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi. In articolare INTERNET può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio». È però necessario verificare continuamente che le attuali forme di comunicazione ci orientino effettivamente alla ricerca sincera della verità piena, al servizio, alla vicinanza con gli ultimi, all’impegno di costruire il bene comune. Nello stesso tempo, «non possiamo accettare un mondo digitale progettato per sfruttare la nostra debolezza e tirare fuori il peggio dalla gente».
• 206. MA TUTTO È …RELATIVO… O NO? Il relativismo non è la soluzione. Sotto il velo di una presunta tolleranza, finisce per favorire il fatto che i valori morali siano interpretati dai potenti secondo le convenienze del momento. Se in definitiva «non ci sono verità oggettive né principi stabili, al di fuori della soddisfazione delle proprie aspirazioni e delle necessità immediate, non possiamo pensare che i programmi politici o la forza della legge basteranno. Quando è la cultura che si corrompe e non si riconosce più alcuna verità oggettiva o principi universalmente validi, le leggi verranno intese solo come imposizioni arbitrarie e come ostacoli da evitare».
• 207. 208. ESISTONO O NO VERITA’ FONDAMENTALI? È possibile prestare attenzione alla verità, cercare la verità che risponde alla nostra realtà più profonda? Che cos’è la legge senza la convinzione, raggiunta attraverso un lungo cammino di riflessione e di sapienza, CHE OGNI ESSERE UMANO È SACRO E INVIOLABILE? Affinché una società abbia futuro, è necessario che abbia maturato un sentito rispetto verso la verità della DIGNITÀ UMANA, alla quale ci sottomettiamo. Allora non ci si asterrà dall’uccidere qualcuno solo per evitare il disprezzo sociale e il peso della legge, BENSÌ PER CONVINZIONE. È una verità irrinunciabile che riconosciamo con la ragione e accettiamo con la coscienza. Una società è rispettabile anche perché coltiva la ricerca della verità e per il suo attaccamento alle verità fondamentali. Occorre esercitarsi a smascherare le varie modalità di manipolazione, della verità negli ambiti pubblici e privati. Ciò che chiamiamo “verità” non è solo la comunicazione di fatti operata dal giornalismo. È anzitutto la ricerca dei fondamenti più solidi che stanno alla base delle nostre scelte e delle nostre leggi. Questo implica accettare che l’intelligenza umana può andare oltre le convenienze del momento e cogliere alcune verità che non mutano, che erano verità prima di noi e lo saranno sempre. Indagando sulla natura umana, la ragione scopre valori che sono universali, perché da essa derivano.
• 209. I POTENTI POSSONO DIRE E FARE CIÒ CHE VOGLIONO? …non potrebbe forse succedere che i diritti umani fondamentali, oggi considerati insormontabili, vengano negati dai potenti di turno, dopo aver ottenuto il “consenso” di una popolazione addormentata? Già abbiamo in abbondanza prove di tutto il bene che siamo capaci di compiere, però, al tempo stesso, dobbiamo riconoscere la capacità di distruzione che c’è in noi. L’INDIVIDUALISMO in cui siamo caduti, non è anche il risultato della pigrizia nel ricercare i valori più alti, che vadano al di là dei bisogni momentanei? Al relativismo si somma il rischio che il potente o il più abile riesca a imporre una presunta verità. «DI FRONTE ALLE NORME MORALI CHE PROIBISCONO IL MALE INTRINSECO NON CI SONO PRIVILEGI NÉ ECCEZIONI PER NESSUNO. Essere il padrone del mondo o l’ultimo “miserabile” sulla faccia della terra non fa alcuna differenza: DAVANTI ALLE ESIGENZE MORALI SIAMO TUTTI ASSOLUTAMENTE UGUALI».
• 210. NON STIAMO LIVELLANDO TUTTO …IN BASSO? Quello che oggi ci accade, trascinandoci in una logica perversa e vuota, è che si verifica un’assimilazione dell’etica e della politica alla fisica. Non esistono il bene e il male in sé, ma solamente un calcolo di vantaggi e svantaggi. Lo spostamento della ragione morale ha per conseguenza che il diritto non può riferirsi a una concezione fondamentale di giustizia, ma piuttosto diventa uno specchio delle idee dominanti. Entriamo qui in una degenerazione: un andare “LIVELLANDO VERSO IL BASSO” mediante un consenso superficiale e compromissorio. Così, in definitiva, la logica della forza trionfa.
• 211. E’ IMPORTANTE IL CONSENSO O …LA VERITÀ? . In una società pluralista, il dialogo è la via più adatta per arrivare a riconoscere ciò che dev’essere sempre affermato e rispettato, e che va oltre il consenso occasionale. Parliamo di un dialogo che esige di essere arricchito e illuminato da ragioni, da argomenti razionali, da apporti di diversi saperi e punti di vista, e CHE NON ESCLUDE LA CONVINZIONE CHE È POSSIBILE GIUNGERE AD ALCUNE VERITÀ FONDAMENTALI CHE DEVONO E DOVRANNO SEMPRE ESSERE SOSTENUTE. Accettare che ci sono alcuni valori permanenti, conferisce solidità e stabilità a un’etica sociale. Anche quando li abbiamo riconosciuti e assunti grazie al dialogo e al consenso, vediamo che tali valori di base vanno al di là di ogni consenso, LI RICONOSCIAMO COME VALORI CHE TRASCENDONO I NOSTRI CONTESTI E MAI NEGOZIABILI.
• 215. VIVERE PER LO SCONTRO O PER… L’INCONTRO? «La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita». Tante volte ho invitato a far crescere una cultura dell’incontro, che vada oltre le dialettiche che mettono l’uno contro l’altro. È uno stile di vita che tende a FORMARE QUEL POLIEDRO che ha molte facce, moltissimi lati, ma tutti compongono un’unità ricca di sfumature, perché «il tutto è superiore alla parte». Il poliedro rappresenta una società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda, benché ciò comporti discussioni e diffidenze. Da tutti, infatti, si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo. Ciò implica includere le periferie. Chi vive in esse vede aspetti della realtà che non si riconoscono dai centri di potere dove si prendono le decisioni più determinanti.
• 216. LA PAROLA “CULTURA” CHE SIGNIFICA? La parola “cultura” indica qualcosa che è penetrato nel popolo, nelle sue convinzioni più profonde e nel suo stile di vita. Se parliamo di una “cultura” nel popolo, ciò è più di un’idea o di un’astrazione. Comprende i desideri, l’entusiasmo e in definitiva un modo di vivere che caratterizza quel gruppo umano. Dunque, parlare di “CULTURA DELL’INCONTRO” significa che COME POPOLO CI APPASSIONA IL VOLERCI INCONTRARE, IL CERCARE PUNTI DI CONTATTO, GETTARE PONTI, PROGETTARE QUALCOSA CHE COINVOLGA TUTTI. Questo è diventato un’aspirazione e uno stile di vita. Il soggetto di tale cultura è il popolo.
• 217. E LA PACE SOCIALE COSA COMPORTA? La pace sociale è laboriosa, artigianale. Integrare le realtà diverse è molto difficile e lento, eppure è la garanzia di una pace reale e solida. Ciò non si ottiene mettendo insieme solo i puri, perché «persino le persone che possono essere criticate per i loro errori hanno qualcosa da apportare che non deve andare perduto». E nemmeno consiste in una pace che nasce mettendo a tacere le rivendicazioni sociali perché non è un’effimera pace per una minoranza felice». Quello che conta è avviare processi di incontro, processi che possano costruire un popolo capace di raccogliere le differenze. ARMIAMO I NOSTRI FIGLI CON LE ARMI DEL DIALOGO! INSEGNIAMO LORO LA BUONA BATTAGLIA DELL’INCONTRO!
• 218. 219. L’ALTRO HA IL DIRITTO DI ESSERE DIVERSO? Questo implica la capacità abituale di riconoscere all’altro il diritto di essere sé stesso e di essere diverso. A partire da tale riconoscimento fattosi cultura, si rende possibile dar vita ad un patto sociale. Dietro al rifiuto di certe forme visibili di violenza, spesso si nasconde un’altra violenza più subdola: quella di coloro che disprezzano il diverso, soprattutto quando le sue rivendicazioni danneggiano in qualche modo i loro interessi. Quando una parte della società pretende di godere di tutto ciò che il mondo offre, come se i poveri non esistessero, questo ha le sue conseguenze. Ignorare i diritti degli altri, prima o poi provoca qualche forma di violenza. Di conseguenza, un patto sociale realistico dev’essere anche un “patto culturale”, che rispetti e assuma le diverse visioni del mondo, le culture e gli stili di vita che coesistono nella società. Nessun cambiamento autentico e stabile è possibile se non si realizza a partire dalle diverse culture, principalmente dei poveri.

221. CREDIAMO DI POSSEDERE TUTTA LA VERITÀ? Questo patto richiede anche di accettare la possibilità di cedere qualcosa per il bene comune. Nessuno potrà possedere tutta la verità, né soddisfare la totalità dei propri desideri, perché questa pretesa porterebbe a voler distruggere l’altro negando i suoi diritti. …È il vero riconoscimento dell’altro, che solo l’amore rende possibile e che significa mettersi al posto dell’altro per scoprire che cosa c’è di autentico, o almeno di comprensibile, tra le sue motivazioni e i suoi interessi.
• 222 223 MA LA GENTILEZZA …DOVE E’ FINITA? Gli altri diventano meri ostacoli alla propria piacevole tranquillità. Dunque si finisce per trattarli come fastidi e l’aggressività aumenta. Ciò si accentua e arriva a livelli esasperanti nei periodi di crisi, in momenti difficili, quando emerge lo spirito del “si salvi chi può”. Tuttavia, è ancora possibile scegliere di ESERCITARE LA GENTILEZZA. Ci sono persone che lo fanno e diventano stelle in mezzo all’oscurità. San Paolo menzionava un frutto dello Spirito Santo con la parola greca chrestotes (Gal 5,22), che esprime uno stato d’animo non aspro, rude, duro, ma benigno, soave, che sostiene e conforta. È un modo di trattare gli altri che si manifesta come gentilezza nel tratto, come attenzione a non ferire con le parole o i gesti, come tentativo di alleviare il peso degli altri. Comprende il «dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano», invece di «parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano».
224. RISCOPRIRE 3 PAROLE: PERMESSO”, “SCUSA”, “GRAZIE”. La gentilezza è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra le relazioni umane, dall’ansietà che non ci lascia pensare agli altri, dall’urgenza distratta che ignora che anche gli altri hanno diritto a essere felici. Oggi raramente si trovano tempo ed energie disponibili per soffermarsi a trattare bene gli altri, a dire “PERMESSO”, “SCUSA”, “GRAZIE”. Eppure ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza. Questo sforzo, vissuto ogni giorno, è capace di creare quella convivenza sana che vince le incomprensioni e previene i conflitti. La pratica della gentilezza non è un particolare secondario né un atteggiamento superficiale o borghese. Dal momento che presuppone stima e rispetto, quando si fa cultura in una società trasforma profondamente lo stile di vita, i rapporti sociali, il modo di confrontare le idee.
CONSONANZE ORIONINE
Non si semina mai invano Gesù nel cuore dei giovani Buenos Aires, il 7 settembre 1935.
Ai carissimi indimenticabili Antichi Alunni. Da questa lontana terra… mando i saluti di parecchie decine di vostri antichi compagni, i quali, anche in questa ospitale Argentina, sanno tenere alto e onorato il nome italiano. Fin dal mio arrivo, essi mi circondarono di tanto amore, di tanta riconoscenza, che più d’una volta mi son sentito commosso fino alle lacrime. Parecchi poi sono venuti sin dal centro dell’Argentina e mi portarono a benedire i loro figli e al rivedermi non poterono frenarsi dal piangere di gioia, come se avessero riveduto il loro padre o la loro madre. Pensate che alcuni di questi erano quarant’anni che non li avevo più visti, …Dopo decine e decine di anni, che non ci eravamo mai più veduti, non avrei mai creduto d’essere ancora ricordato e tanto amato! AH! MI CONVINCO SEMPRE PIÙ CHE NON SI SEMINA, CHE NON SI ARA MAI INVANO GESÙ CRISTO NEL CUORE DELLA FANCIULLEZZA E DELLA GIOVENTÙ. Che se, in un certo periodo della vita può talvolta sembrare che Cristo sia un sepolto, Egli è tal Morto, che sempre, presto o tardi, ma sempre, risuscita. Ogni tanto me ne capitano qui tre o quattro, e alcuni anche dell’Oratorio Festivo, nel giardino del Vescovo. Ora son uomini fatti e già dai capelli più che grigi. Si danno la parola e vengono a trovarmi, come se andassero a casa loro, a casa del vecchio padre. E mi aprono il cuore, e mi fanno le loro confidenze, mi dicono i loro fastidi, le loro gioie e anche – devo dirvelo? – anche i loro peccati! E così… FACCIO LORO DA AMICO, DA PADRE E DA CONFESSORE! E poi se ne vanno contenti, lasciandomi nel cuore una soddisfazione sì grande, “che intender non la può chi non la prova”. Niente potevo desiderare di più che saperli sempre memori, sempre grati, timorati di Dio, vivere morali, nell’adempimento dei loro doveri, dando buon esempio ai loro figliuoli. Vostro Don Orione (Lett. II, p. 287ss)
IN ASCOLTO DI UN GIOVANE INQUIETO
E’ noto l’incontro del giovane Ignazio Silone con Don Orione narrato dallo stesso protagonista. (cfr.Incontro con uno strano prete in “Uscita di sicurezza”)
” Benché Don Orione fosse allora già inoltrato nella quarantina ed io un ragazzo di sedici anni, a un certo momento mi avvidi di un fatto straordinario: era scomparsa fra noi ogni differenza di età Sentivo un piacere infinito a udirlo parlare; provavo una pace e una serenità nuove” Don Orione lo invita a riposare: “Non sei stanco? Non vuoi cercare di dormire? “Vorrei che questo viaggio non finisse mai”, risponde il giovane conquistato ormai dalla sua “pacata tenerezza dello sguardo” “Ricordati di questo” mi disse a un certo momento, “Dio non è solo in chiesa. Nell’avvenire non ti mancheranno momenti di disperazione. Anche se ti crederai solo e abbandonato, non lo sarai. Non dimenticarlo”
UNA LETTERA DI 12 PAGINE
Arrivati a Genova Don Orione chiede al giovane di aiutarlo a imbucare ben trecento cartoline di auguri natalizi per i suoi ex-alunni:”Sono tutti figli di operai e per alcuni di essi sarà forse l’unica cartolina di Natale” Il ragazzo corre a imbucare le cartoline ma …ne conserva una per sé “In questo modo”, mi scusai, “anch’io avrò i suoi auguri di Natale” Giungono finalmente a S. Remo. Quando Don Orione sta per ripartire, manda a cercare il giovane per salutarlo “Ma io mi nascosi. Non volli ch’egli mi vedesse piangere..“Pochi giorni dopo, la mattina di Natale, ricevetti la prima lettera di Don Orione, una lunga, affettuosa , straordinaria lettera di dodici pagine”

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